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Servizio Pubblico, Clini leone nella fossa dei leoni

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Viva Clini. Davvero. Capita di rado che un ministro –ancorchè tecnico come Corrado Clini, medico, docente, civil servant curiosamente allergico alla burocrazia-  si materializzi, sua sponte, da Michele Santoro; e che irrompendo nella fossa dei leoni, finisca per papparseli, i leoni.

La puntata di Servizio Pubblico dell’altra sera su La7, assai ben strutturata, puzzava di morte e diossina. Imperniata sul gorgo senza fine dell’Ilva, cadenzata tra imprenditori furbastri e infami, operai in lutto che urlavano la rabbia dei giusti e accuse ferocissime alla politica, ha fatto toccare a Santoro il suo record di ascolti, 12,32% di share media, 2,9 milioni di telespettatori. Ma se ne è uscito un dibattito intelligente, educato e cristallino nelle spiegazioni tecniche, lo si deve soprattutto al ministro dell’Ambiente Clini. Il quale  alle 22.50 s’è palesato, determinatissimo, a spiegare le proprie ragioni, senza mai fare un plissè; l’ha fatto dopo essere stato massacrato da Gianni Dragoni, Marco Travaglio e dagli operai tarantini in studio che l’accusavano d’ogni nefandezza (compresa quella di essere «uomo dell’Ilva», o di combattere a colpi di decreto i giudici che vogliono chiudere gli impianti). Clini appare come un uomo antico, porge con rispetto.

Ex sessantottino, un volto che è una ragnatela di rughe -una per ogni incarico prestigioso in seno al ministero dell’Ambiente-, Clini possiede nelle proprie materie una competenza mostruosa. Che ostenta, in diretta, assieme a un’onestà intellettuale che colpisce anche i suoi contraddittori, da Aldo Busi, a Matteo Renzi, a Maurizio Landini. Clini smonta, una ad una, tutte le accuse che gli avevano opposto . Da medico, spiega che il dramma dei tumori alla pleura, a Taranto è dovuto «all’amianto, che si manifesta anche decenni dopo l’esposizione, ma questo però non risponde a tutti i morti di tumore ai polmoni, anche bambini, che Taranto conta ancora oggi», cioè inquinamento ambientale cronico. Però Clini ammette che «l’Ilva inquina. L’aria, la terra, tutto. Si uccidono le pecore perché contaminate. Anche chiudesse la città non è sicura». Clini replica a Dragoni che «è una porcheria dire che io sono un uomo dell’Ilva; ne attesta l’assurdità la stessa Procura di Taranto». E a chi gl’imputa di non essere insorto quando era direttore generale al ministero, ribatte subito: «io non mi sono mai interessato al tema dell’autorizzazione integrata ambientale concessa all’Ilva» dal ministro Prestigiacomo e dal Presidente Vendola. Anzi. Pare che Clini fosse stato piazzato sulle cose estere per impedirgli di metter troppo mano alle cose italiane («dato che io accorcio  i tempi delle procedure a dieci giorni, mentre in genere le si portano a cento, per consentire ingerenze esterne…»). Se fosse vero -e pare lo sia- è una sberla a quattro lustri di politica ambientale. Santoro si attende che il ministro inciampi in contraddizione. Michele è concentratissimo. Talmente concentrato che si dimentica di offrire un bicchier d’acqua a Clini che lo richiede gentilmente mentre le parole s’allappano in bocca.

Clini rintuzza con precisione l’argomento bonifica di Porto Marghera (roba sua) e rivendica la firma sul decreto d’urgenza a Taranto. «Ho dato chiare prescrizioni all’Ilva a fine ottobre. Prevedono che, da lunedì prossimo, devono essere utilizzati per la bonifica della fabbrica macchinari che nel resto d’Europa saranno usati nel 2016. Ma la magistratura ha bloccato il piano di risanamento. É pronto per partire, ma per farlo gli impianti devono funzionare, non devono fermarsi». Landini della Fiom in studio è d’accordo con lui. Specie su una frase, che trancia di netto vent’anni di corruttele e disastri ecologici: «Noi diciamo all’Ilva: se vuoi lavorare devi fare queste cose, se no non avrai la possibilità di gestire questi impianti. Altrimenti se ne farà carico lo Stato, con altri interlocutori». Clini, qui, è di granito. Chiede «la difesa di lavoro, salute e ambiente insieme». Un figurone così, da Santoro, l’aveva fatto -a memoria- solo Tarak Ben Ammar. Che, mi pare, non fu più invitato…


pubblicato da Libero Quotidiano

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